La più potente parola di marketing oggi, oltre a essere la parola “gratis” è senza dubbio la parola “sostenibile”. Sempre più rivendicato, il sostenibile è entrato dritto come un siluro all’interno di tutte le comunicazioni che hanno anche solo lontanamente sfiorato il tema dell’agricoltura.
Analizzando i processi produttivi enologici, che siano biodinamici o convenzionali, c’è un fattore che accomuna l’impatto ambientale di tutte le aziende: l’acqua. Per produrre un litro di vino infatti sono necessari circa 500 litri d’acqua, impiegati per i trattamenti, il lavaggio delle vasche e delle botti, della cantina, eventuali irrigazioni di soccorso e tutte le operazioni che necessitano di acqua per poter imbottigliare il prodotto. Se prendiamo in esame la produzione media nazionale, che orbita attorno ai 60 milioni di ettolitri l’anno, vale a dire 6 miliardi di litri, si nota che vengono consumati circa 3000 miliardi di litri d’acqua l'anno.
L’idrosostenibilità aziendale però non risiede tanto nella lavorazione, ovvero nel contenimento dell’acqua utilizzata in azienda, ma in tutte le scelte tecniche aziendali tese a proteggere il vino nel tempo necessario al suo consumo.
Nello scegliere l'impiego di tappi non idonei al tipo di vino, ad esempio, si determinerà l’errato apporto di ossigeno disciolto, il vino si ossiderà, risulterà sgradevole, diminuirà sul mercato il consumo di quel determinato prodotto aumentandone lo spreco. Avere in un'azienda 20'000 bottiglie di vino invenduto vale a dire anche aver sprecato 7 milioni e mezzo di litri d’acqua. Un motivo in più per non potersi permettere di produrre vino cattivo.
Parole come responsabilità, etica, sostenibilità, possono essere applicate anche semplicemente bevendo buon vino, senza necessariamente scivolare in fascinazioni agricole.